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Dal 2020 al 2023, il nostro compendio di pubblicazioni racchiude una serie di argomenti intricati, che riflettono il dinamismo e l'evoluzione del panorama legale e fiscale. Ogni articolo è stato redatto con precisione, per garantire che non serva solo come archivio di informazioni, ma come canale di leadership di pensiero, facilitando il processo decisionale informato per le imprese, i privati e gli operatori del diritto.

Un esame dettagliato del diritto doganale, che ne svela le complessità attraverso articoli esaustivi e casi di studio. I nostri avvocati analizzano i quadri giuridici e le tendenze emergenti, trasformando concetti complessi in spunti comprensibili per l'applicazione pratica. I fondamenti teorici del Diritto Tributario incontrano le intuizioni pratiche, le analisi, i commenti e le prospettive che chiariscono le politiche fiscali, i regolamenti e le loro implicazioni per le attività e i professionisti sui temi dell'IVA che rimane un aspetto critico della fiscalità e del diritto, in costante evoluzione con l'evolversi del contesto economico e legale. Le nostre pubblicazioni offrono analisi approfondite, sviluppi recenti e prospettive lungimiranti, aiutando i professionisti e le imprese a navigare con precisione nel panorama del diritto tributario.

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La normativa comunitaria e nazionale - 2021.

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Bollettino Tributario

Diritto Tributario

La responsabilità oggettiva del depositario doganale per il pagamento delle accise in caso di furto: escluso l'abbuono d'imposta per caso fortuito e forza maggiore

Bollettino Tributario #9 | 2022


Nel caso di svincolo irregolare dal regime sospensivo di merce soggetta ad accisa a causa di furto da un deposito doganale, comportando ciò un’immissione in consumo della merce e, quindi, l’esigibilità dei diritti di accisa, l’interpretazione conforme al diritto unionale della norma interna comporta la conseguente responsabilità oggettiva del titolare del deposito autorizzato, il quale sarà chiamato a rispondere del relativo pagamento, in base alla suddetta responsabilità oggettiva, a prescindere dalla sua colpa dimostrata o presunta.

Queste in sintesi le conclusioni della Corte di Cassazione nella sentenza n. 6949 del 3/3/2022, nella quale …….

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Diritto Tributario

Il rapporto tra fatto generatore ed esigibilita’ dell’IVA per la Corte di Cassazione nella sentenza 17826/2021. La lettura della Cassazione e le direttrici offerte in materia dalla Corte di Giustizia

Bollettino Tributario #7 | 2022


Con sentenza n. 17826 del 22/06/2021 la Cassazione è tornata a pronunciarsi sul delicato rapporto tra fatto generatore e momento di esigibilità dell’IVA sovente oggetto di un approccio differente tra giudice unionale e giudice comune per effetto, anche, di divergenze semantiche rintracciabili rispettivamente nella normativa UE ed in quella interna.

Oggetto dell’intervento era la mancata fatturazione da parte di una società nei confronti di una sua consociata, a seguito di prestazioni di servizi a quest’ultima regolarmente rese, a motivo del loro mancato pagamento da parte della committente, il che ingenerava nella prima la convinzione dell’assenza di esigibilità dell’imposta.

La committente, inoltre, in sostituzione del versamento del corrispettivo pattuito, erogava a favore della consociata creditrice un prestito oneroso di importo complessivo corrispondente al prezzo che doveva essere versato per i servizi prestati.

L’Agenzia delle Entrate, di contro, sosteneva l’evidenza del “momento esigibile” con conseguente obbligo di fatturazione e versamento dell’IVA, riqualificando l’operazione, complessivamente considerata, come in odore di abuso per un’evidente antieconomicità della stessa, in quanto schermata dall’erogazione del prestito diretto a dissimulare il pagamento dei servizi resi, con conseguente irrogazione di sanzioni nei confronti della società appaltatrice per la mancata regolarizzazione in autofatturazione dei servizi prestati.

Qui la Cassazione argomenta sostenendo che il fatto generatore sorge, in termini univoci e non modificabili dai legislatori nazionali, nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi, che è così ancorato al materiale espletamento dell’operazione e non già al pagamento del corrispettivo la cui “assenza” (per inadempimento o risoluzione del contratto), verificatasi successivamente all’operazione, non elimina l’obbligazione tributaria ma incide solo sulla sua base imponibile.

Il pagamento del corrispettivo, prosegue la Corte, rileva e coincide con il momento esigibile (la riscossione) dell’imposta ed identifica “l’estremo limite temporale per l’adempimento dell’obbligo di fatturazione” (SS. UU. n. 8059/2016), concludendo che “l’obbligo di fatturazione trae origine proprio dall’esser già venuto ad esistenza il fatto generatore dell’imposta. Solo il suo adempimento … è rinviato al momento del pagamento, ossia al verificarsi della condizione cui il nostro ordinamento subordina l’esigibilità dell’imposta”.

Tali conclusioni sono rintracciabili in un più recente intervento della Corte (v. Ord. n. 29485 del 21/10/2021) nel quale, preso atto della propria precedente giurisprudenza secondo cui l’art. 6 c. 3 del DPR 633/72 poneva una “presunzione assoluta di corrispondenza” tra la data della percezione del corrispettivo e quello della sua esecuzione, ciononostante una lettura conforme alla disciplina IVA unionale richiede ora di operare una distinzione tra tre diversi momenti, in cui il secondo ed il terzo coincidono, a) quello del “fatto generatore” dell’imposta (che costituisce l’origine dell’obbligazione tributaria e dell’imponibilità IVA) cui si ricollegano l’operatività della disciplina del tributo ed i relativi effetti, b) quello dell “esigibilità” dell’imposta (attitudine attuale ad essere pretesa in riscossione da parte dell’Erario) e c) quello del “pagamento”.

In tal modo viene ribadita la necessità di tenere separati il “fatto generatore” dell’imposta dal “momento di esigibilità” della medesima, nonostante “i due momenti di regola coincidano ma se c’è scissione temporale se ne deve tenere conto distinguendo rigorosamente i due concetti”, ancorando il primo al dato del materiale espletamento dell’operazione (cessione del bene o prestazione del servizio), non già a quello del pagamento del corrispettivo, richiamando opportunamente l’interpretazione data in materia dalla Corte di Giustizia in relazione alla normativa unionale IVA, da cui la nostra Corte ha dedotto l’erroneità di una lettura dell’art. 6 del DPR 633/72 “nel senso che, per le prestazioni di servizi, il presupposto impositivo e, con esso, l’insorgenza dell’imponibilità a fini Iva, si verificano non con l’esecuzione della prestazione, bensì, successivamente, con il pagamento del corrispettivo correlativamente pattuito”, non riferendosi la norma citata al fatto generatore bensì esclusivamente alla sua esigibilità.

L’eventuale distinzione temporale tra momento generatore e momento di esigibilità dell’imposta ha, poi, refluenza diretta sul principio di detrazione dell’IVA, nella misura in cui questo è esercitabile, in capo al committente/cessionario, solo nel momento in cui l’imposta è esigibile da parte del fornitore/cedente, non rilevando il momento in cui l’operazione è materialmente realizzata, in ossequio ad un principio di simmetria tra esigibilità e detrazione.

A riprova di ciò risultano utili le argomentazioni dell’Avvocato Generale Jacobs nella causa Italittica C-144/94 (v. in particolare i punti 23, 24, 25 e 31) ove si evidenziava che, in merito alle osservazioni del giudice del rinvio (italiano) che riteneva che lo spostamento in avanti del momento esigibile, coincidente per tutti i servizi con il loro pagamento, avrebbe consentito alle parti del contratto la “scelta” di tale momento, l’IVA non è detraibile sino a quando non diviene esigibile. In tal modo il contribuente non ha nessun interesse a ritardare il momento in cui essa diviene esigibile se vuole beneficare del diritto a detrazione.

Tale problematica è stata da ultimo affrontata dalla Corte UE nel caso Grundstücksgemeinschaft in C-9/20 del 10.2.2022 in merito alla determinazione del momento in cui sorge il diritto a detrazione dell’IVA, in relazione al quale è stato ribadito che, a norma dell’art. 66 (paragrafo 1 lett. b)) della Direttiva IVA 2006/112, che consente agli Stati membri di stabilire che per talune operazioni o per talune categorie di soggetti passivi l’imposta diventi esigibile non oltre il momento dell’emissione della fattura o dell’incasso del prezzo, quando “l’imposta diventa esigibile non oltre il momento dell’incasso del prezzo anche il diritto a detrazione sorge al momento di un tale incasso del prezzo”.

Del resto, prosegue la Corte, “se il legislatore dell’Unione avesse voluto che il diritto a detrazione sorgesse invariabilmente al momento della cessione di beni o della prestazione di servizi, avrebbe potuto collegare il momento in cui sorge il diritto a detrazione al fatto generatore dell’imposta, che non è modificato dalle norme speciali di cui agli articoli da 64 a 67 della direttiva IVA, piuttosto che al momento in cui l’IVA diventa esigibile, che è soggetto a tali norme”.

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Diritto Tributario

La nozione di “Distacco di Personale” entro uno stato membro UE quale prestazione imponibile ai fini IVA secondo la Giurisprudenza della Corte di Giustizia UE ed il recepimento della Cassazione nelle Ordinanze nn. 5601, 5609 e 5615 del 2.3.2021.

Bollettino Tributario #12 | 2021


Articolo pubblicato sul n. 12 del Bollettino Tributario del 30.6.2021

Con tre recenti ordinanze nn. 5601, 5609 e 5615 del 2.3.2021, la Corte di Cassazione, richiamando espressamente e facendo proprie le argomentazioni contenute nel precedente della Corte di Giustizia C-94/19 intervenuta a seguito di un rinvio pregiudiziale della medesima Corte interna di legittimità che si è di recente espressa in sede di rinvio con sentenza n. 529 del 14.1.2021, a distanza di soli due mesi è tornata ad occuparsi del corretto inquadramento dell’imponibilità IVA dei distacchi di personale tra società.

In particolare, ed ai fini meramente ricognitivi dell’intera vicenda, con la prima delle tre ordinanze sopra citate la Cassazione si è espressa in merito alla bontà del rilievo dell’Agenzia delle entrate che aveva contestato ad una società alcuni componenti negativi di reddito ritenuti non deducibili insieme all’indebita detrazione dell’IVA su fatture emesse da parte di un’altra società relativamente ad un contratto denominato di “prestazione di servizi” stipulato tra le medesime, in forza del quale, a fronte della prestazione svolta dalla prima, la seconda si era obbligata a corrispondere una somma di danaro, oltre al rimborso delle spese di vitto ed alloggio corrisposto al proprio personale, dipendente e non dipendente, impegnato per lo svolgimento del servizio.

L’Agenzia, ai fini IVA, aveva contestato che il contratto avesse natura di “prestazione di servizi”, dovendo essere invece ricondotto al distacco o prestito di personale, con conseguente non imponibilità ai fini IVA del costo sostenuto dalla prima società (indicato nella fattura a titolo di rimborso per le spese per il personale dipendente) e non detraibilità ai fini IVA.

Con ord. n. 5601 la Cassazione, richiamando il precedente C-94/19 della CGUE secondo la quale la Direttiva IVA osta ad una legislazione nazionale in base alla quale non sono ritenuti rilevanti ai fini IVA i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo, a patto che gli importi versati si “condizionino reciprocamente” ed a prescindere dall’importo del corrispettivo, ha concluso per la contrarietà della pronuncia dei giudici di seconde cure ai principi sopra indicati.

Nell’ordinanza la Corte ha enunciato il principio di diritto a cui dovrà attenersi il giudice di rinvio, il quale “dovrà accertare se esista un nesso diretto tra le prestazioni rese tra le parti, cioè se le stesse si condizionano reciprocamente nel senso che l’una è effettuata solo a condizione che lo sia anche l’altra, e viceversa, con la precisazione che è irrilevante l’importo del corrispettivo, in particolare la circostanza che esso sia pari, superiore o inferiore ai costi che il soggetto passivo ha sostenuto a suo carico nell’ambito della fornitura della sua prestazione”.

Si ritiene opportuna una breve disamina dell’origine della vicenda come rappresentata nel precedente della CGUE C-94/19 e nei suoi ulteriori precedenti nei quali sono state affrontate le spigolosità in tema di onerosità e corrispettività ai fini IVA.

Con la recente pronuncia ora citata, la Corte di Giustizia, rispondendo alla domanda se fosse o meno imponibile ad IVA la prestazione di servizi avente ad oggetto il distacco/prestito di personale all’interno di uno Stato membro, per la cui remunerazione la società distaccataria ha riconosciuto alla distaccante il solo importo del costo del personale distaccato, i cui emolumenti e oneri fiscali e previdenziali rimangono a carico del datore di lavoro effettivo (la distaccante), nel richiamare alcuni suoi precedenti in materia, ha concluso per l’imponibilità IVA della prestazione di servizi, la cui ricorrenza in concreto andrà valutata dal giudice del rinvio che dovrà verificare l’esistenza di quel “vantaggio/scambio” nelle controprestazioni (in termini economici) che più avanti si vedrà.

La Corte ha poi ribadito l’indifferenza della natura della prestazione ricevuta dal distaccante (rimborso spese) al fine di qualificare ed attrarre l’operazione nel campo di imponibilità dell’IVA.

Come si dirà nel prosieguo, l’errore prospettico inaugurato con il comma 35 dell’art. 8 della legge 11 marzo 1988, n. 67, confermato anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che qualificava automaticamente l’esenzione da IVA (per mancanza del presupposto oggettivo) nei casi in cui la remunerazione del distacco di personale, in capo al distaccante, equivaleva ad una somma esattamente pari alle spettanze retributive nonché agli altri oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi gravanti in capo al distaccante (quale rimborso spese), è stato quello di disapplicare tout court il criterio della corrispettività, per renderlo, in maniera erronea, automaticamente applicabile solo nelle ipotesi in cui il “corrispettivo” riconosciuto alla società distaccante fosse inferiore o maggiore del costo del personale oggetto del distacco.

Punto di partenza, per gli importanti risvolti ai fini civilistici (rectius, contrattualistici) che assume la vicenda (ovvero la necessaria futura revisione dei contratti di distacco di personale qualificati esenti ma d’ora in avanti imponibili), è l’inquadramento civilistico dell’istituto del distacco o prestito di personale, in cui rientrano tutte quelle forme flessibili della manodopera quali il lavoro a termine, il lavoro a chiamata nonché tutte quelle altre forme di lavoro temporaneo caratterizzate da brevità e assenza di definitività del rapporto giuridico oltreché dalla permanenza della titolarità del rapporto di lavoro in capo alla società distaccante ai fini contrattuali e retributivi e dall’identità della prestazione di lavoro che deve rimanere identica a quella originaria, permanendo quindi tra distaccante e lavoratore i vincoli obbligatori e di potere-soggezione.

Altra evidenziazione riguarda le ipotesi di distacco di personale e la loro distinzione da quelle di somministrazione di manodopera, disciplinate da differente normativa, laddove il distinguo attiene, nelle prime, alla riconducibilità dell’interesse in capo al distaccante piuttosto che all’utilizzatore il quale (il primo) soddisfa un interesse produttivo diversamente qualificato, come l’interesse al buon andamento della società controllata o partecipata, mentre il somministratore realizza il solo interesse produttivo della somministrazione a fini di lucro.

Come descritto in dottrina, il distacco o prestito di personale, ipotesi non espressamente disciplinata dal legislatore civilistico, consiste nel potere del datore di lavoro distaccante il quale, nei limiti dei propri poteri direttivi e compatibilmente con le finalità imprenditoriali perseguite, pone il proprio lavoratore a disposizione e sotto la direzione di un altro soggetto imprenditoriale (soggetto passivo IVA) affinché le mansioni vengano svolte non già nei confronti del distaccante bensì del distaccatario.
Come evidenziato in dottrina il distaccante sostiene i costi relativi al personale distaccato in nome proprio e non già, invece, in nome del distaccatario, sicché il corrispettivo versato per il prestito di personale non potrebbe essere considerato alla stregua di un rimborso a fronte di un’anticipazione fatta in nome e per conto della controparte, così come precipuamente richiesto dal dato normativo.

Perché ricorra l’ipotesi del distacco/prestito di personale occorre, inoltre, che vi sia un preciso interesse del distaccante (soggetto pubblico o privato) a traslare il potere di direzione del lavoratore distaccato in capo al distaccatario, permanendo, in capo al primo, il rapporto di lavoro originario sottostante, con conseguente obbligo del distaccante al versamento degli emolumenti e degli oneri fiscali e previdenziali.

Il requisito dell’interesse, per quel che qui rileva, viene evidenziato nell’art. 30 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (attuativo della c.d. Riforma Biagi, legge delega 14 febbraio 2003, n. 30), il cui primo comma testualmente dispone che “1) L’ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa. 2) In caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore”.

Caratteristiche essenziali dell’istituto del distacco/prestito di personale sono la compresenza dei seguenti elementi: a) l’esecuzione da parte del lavoratore delle medesime mansioni presso il distaccatario piuttosto che presso il distaccante; b) la temporaneità, nel senso di non definitività, dello svolgimento delle predette mansioni; c) l’interesse del datore di lavoro distaccante a impiegare il proprio dipendente (o un lavoratore autonomo con il quale ha sottoscritto un contratto) presso un altro soggetto; d) la traslazione del potere di direzione, gerarchico e disciplinare di cui all’art. 2104 c.c., in relazione al lavoratore distaccato, dal distaccante al distaccatario; e) l’esistenza di comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, pena la nullità del distacco/prestito per incompatibilità con l’art. 2103 c.c.

In merito all’interesse del distaccante è stato correttamente osservato in dottrina che il requisito in questione differenzia l’istituto del distacco da quello della somministrazione di lavoro o manodopera, il quale soggiace a una diversa disciplina normativa ed esprime, di fondo, il solo interesse produttivo del somministratore alla somministrazione a fini di lucro, laddove, invece, “il distaccante soddisfa un interesse produttivo diversamente qualificato, come l’interesse al buon andamento della società controllata o partecipata”.

La distinzione, ai fini IVA, è rilevante dal momento che, se entrambe le operazioni possono essere ricondotte nel genus delle prestazioni di servizi, solo quelle di somministrazione sono sempre soggette ad IVA, anche se sul solo margine del somministratore, viceversa le ipotesi di distacco, per i soli casi in cui è rimborsato il solo costo del personale, hanno goduto dell’esenzione normativa, per assenza dell’elemento oggettivo.

La norma di riferimento nel caso de quo, da cui origina l’intervento della Corte europea in commento, è l’art. 8 della legge n. 67/1988 (finanziaria per il 1988), il cui comma 35 dispone che “*non sono da intendere rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato il solo rimborso del relativo costo”.

La finalità dell’esenzione normativa è stata ricondotta all’ottenimento di un’utilità derivante da un’ottimizzazione delle proprie risorse umane pur senza il conseguimento di alcun margine operativo.

Inquadrato brevemente l’istituto dal punto di vista normativo, si ritiene utile una ricostruzione filologica della vicenda che ha portato alla sentenza della Corte di Giustizia qui in commento.

Un primo intervento in merito all’esatta qualificazione del distacco di personale, ai fini IVA, lo si fa risalire alla passi che, intervenuta a chiarire circa l’imponibilità o meno ad IVA dei prestiti di personale fra società collegate nel settore assicurativo, nell’ipotesi in cui la distaccataria rimborsava alla distaccante il solo importo delle retribuzioni corrisposte ai dipendenti unitamente ai contributi previdenziali e assistenziali, concludeva per l’esenzione da IVA sulla circostanza che, in quanto operazioni infragruppo, non si potesse parlare di corrispettivo bensì di un “semplice rimborso spese” e a condizione che l’importo riconosciuto dalla committente non eccedesse il costo del lavoratore distaccato. Le conclusioni della prassi si fondavano su un’interpretazione letterale dell’art. 3 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 che, nonostante ricollegasse l’imponibilità di una prestazione di servizi alla corresponsione di un corrispettivo, era ritenuto inapplicabile per la natura di “semplice rimborso” del costo del personale.

A distanza di anni, però, il netto cambio di orientamento dell’Agenzia delle entrate, che riqualificava “correttamente” le operazioni di distacco/prestito di personale quali operazioni imponibili IVA dando una lettura euro-orientata della natura di corrispettivo, probabilmente aiutata anche dal novellato art. 7 del D.P.R. n. 633/1972 (modifica intervenuta a partire dal 1° aprile 1979) che aveva ricompreso, tra le operazioni soggette ad IVA, anche quelle di prestito di personale, e a prescindere dall’importo (maggiore, inferiore o uguale) del costo del lavoratore riconosciuto e remunerato al distaccante, imponeva un intervento normativo chiarificatore.

Di tal modo il legislatore introduceva, con norma di interpretazione autentica, l’art. 8, comma 35, della legge n. 67/1988, che sterilizzava l’IVA e perimetrava l’esenzione ai soli casi di corrispondenza tra il corrispettivo pattuito e il costo del lavoratore distaccato, facendo sorgere, però, tra i tanti dubbi, quello di poter considerare esenti, paradossalmente, ogni operazione di prestazione di servizi resa al mero costo. A partire dalla novella legislativa si assisteva a interventi giurisprudenziali e di prassi, tra di loro coerenti in relazione al chiaro dettato della norma, ma contraddittori rispetto alle “indicazioni” interpretative che, anno dopo anno, giungevano dal Lussemburgo.

L’esenzione veniva così sostenuta dall’Amministrazione finanziaria con la risoluzione 27 maggio 1995, n. 152/E, con la quale si ribadiva l’esenzione IVA qualora: a) il personale distaccato fosse legato da rapporto di lavoro dipendente con il distaccante, e b) il distaccatario corrispondesse il solo costo del personale prestato (la retribuzione e gli oneri fiscali e previdenziali), interpretazione di lì a poco confermata anche dalla Corte di Cassazione con la sentenza 6 marzo 1996, n. 1788.

Ulteriori interventi di prassi si avevano con le risoluzioni n. 262/E/2002 e 346/E/2002, con cui l’Amministrazione finanziaria ribadiva l’esenzione IVA qualora, rispettivamente, il personale prestato garantisse alla Società che se ne avvaleva le proprie prestazioni in posizione di effettiva subordinazione e le somme rimborsate fossero superiori (o anche inferiori) al costo.

Tra gli interventi giurisprudenziali si segnalava una pronuncia della Suprema Corte che giungeva a conclusioni illogiche anche in relazione alla novella interpretativa, stabilendo che «la pattuizione di un corrispettivo inferiore o superiore al costo globale dei dipendenti risultava, in definitiva, irrilevante dato che nei limiti di esso il distaccante non effettuava nessuna prestazione, per cui se fosse stato pattuito un rimborso pari od inferiore, il distaccatario non avrebbe dovuto pagarci l’IVA, mentre se fosse stata concordata una somma superiore sarebbe stato tenuto a farlo soltanto sulla parte eccedente il costo del personale distaccato».

L’imponibilità non già dell’intero importo corrisposto bensì del solo plusvalore comportava un’artificiosa scomposizione di un servizio unitario sul piano economico e si poneva in contrasto nei confronti della consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia.

Seguiva di lì a breve l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, riportando “ordine sul punto”, sottolineava l’esenzione IVA di quelle operazioni ove il “corrispettivo era pari al costo del lavoratore”, a motivo della neutralità dell’operazione in cui non vi fosse “un guadagno per il distaccante ma nemmeno un risparmio per il distaccatario, visto che, in caso contrario, non vi sarebbe ragione di riservarle un trattamento diverso dal normale”, confermando la sterilizzazione dell’imposta soltanto se la controprestazione del distaccatario consistesse nel rimborso di una somma esattamente pari alle retribuzioni e agli altri oneri previdenziali e contrattuali gravanti sul distaccante.

Si è così assistito, per anni, ad una convergenza interpretativa della parte maggioritaria della prassi e della giurisprudenza verso un’interpretazione letterale, anche se contraria alla giurisprudenza della Corte europea, dell’art. 8, comma 35, della legge n. 67/1988, qualificando come circostanza dirimente, ai fini esentativi, la sola ed esatta corresponsione delle somme, pagate dal distaccatario nei confronti del distaccante, alla retribuzione spettante al lavoratore oggetto del distacco.

Con l’ordinanza di rinvio n. 2385/2019 alla Corte europea (che ha originato la sentenza qui in commento), la Corte di Cassazione, dubitando dell’assenza dell’elemento oggettivo in relazione alla non imponibilità dell’operazione di distacco a fronte del riconoscimento del mero costo del personale distaccato, ciò anche a causa di una presunta violazione del principio di neutralità dell’IVA in relazione al trattamento differenziato di due istituti tra loro molto simili quali il distacco e la somministrazione di manodopera, richiamando anche alcuni precedenti della Corte europea che hanno ritenuto ininfluente, ai fini dell’onerosità di un’operazione, la circostanza che il prezzo pagato fosse inferiore, uguale o superiore al prezzo di costo, ha deciso di sospendere il giudizio e di rinviare alla Corte europea la questione pregiudiziale.

In termini puramente ricognitivi la vicenda italiana oggetto della sentenza della Corte di Giustizia traeva origine dal distacco di un dirigente di una società controllante presso una propria controllata. I relativi oneri retributivi, previdenziali, assistenziali ed assicurativi, unitamente ai costi di distacco, erano fatturati alla controllata con esposizione dell’IVA, ciò che consentiva a quest’ultima di operare la detrazione dell’imposta. L’Agenzia delle entrate riqualificava l’operazione sostenendo il rimborso dei costi del personale come un’operazione fuori campo IVA con conseguente disconoscimento della detrazione.

Circa la natura dell’operazione di distacco/prestito di personale, attenta dottrina ha ricordato che la qualificazione del distacco di personale a favore di un soggetto passivo quale prestazione di servizi rilevante ai fini IVA era già prevista dalla Seconda Direttiva del Consiglio n. 67/228/CEE, dell’11 aprile 1967, la si ritrova successivamente all’art. 9 della Sesta Direttiva del Consiglio n. 77/388/CEE, del 17 maggio 1977, e infine nell’odierno art. 59, lett. f), della Direttiva IVA n. 2006/112, laddove, da ultimo, l’operazione di messa a disposizione di personale è inserita nella norma che definisce il requisito territoriale delle operazioni soggette al tributo nei confronti di persone non soggetti passivi IVA fuori della Comunità.

Allo stesso modo, sul piano interno, la norma europea è stata traslata, tra le prestazioni di servizi, nell’art. 7-septies, primo comma, lett. e), del D.P.R. n. 633/1972.

Inquadrate le operazioni di distacco/prestito di personale tra le prestazioni di servizi, la Corte di Giustizia si è preoccupata di rintracciare i caratteri dell’onerosità, declinati dall’art. 2 della Sesta Direttiva (identico contenuto l’art. 2 della Direttiva IVA) ovvero ricercando la corrispettività tra le due controprestazioni.

Dal momento che la Direttiva IVA non dà una definizione espressa del concetto di onerosità, al fine di individuare le operazioni attratte nel campo di imponibilità IVA, è necessario rifarsi al concetto di corrispettività contenuto nell’art. 73 della Direttiva IVA (art. 11, lett. A), primo comma, della Sesta Direttiva) come interpretato dalla giurisprudenza eurounitaria. È stato osservato che i concetti di onerosità e corrispettività non sono sinonimi: i primi qualificando per esclusione i negozi giuridici non a titolo gratuito, i secondi, invece, implicando la presenza di un nesso sinallagmatico tra le prestazioni rese e ricevute, ben potendo accadere di trovarsi in presenza di un’operazione “onerosa” che manchi di corrispettivo, laddove, invece, non è ipotizzabile la presenza di un’operazione sinallagmatica priva di onerosità.

La presenza del sinallagma do ut facio ut des ut facias è fondamentale per ricondurre tra le operazioni imponibili le operazioni di servizi. La giurisprudenza comunitaria ha evidenziato, per poter configurare una prestazione di servizi rilevante ai fini dell’IVA, la necessità di un rapporto giuridico obbligatorio, minimo, una corrispettività, intesa quale interdipendenza giuridica tra le prestazioni, senza la quale, in assenza cioè di una causalità che lega reciprocamente le due controprestazioni, non viene in evidenza quel concetto di “scambio”, tanto caro alla giurisprudenza eurounitaria, bensì semplice coesistenza di prestazioni tra loro slegate, che di fatto privano l’operazione di quei caratteri richiesti dalla Corte europea ai fini dell’imponibilità IVA.

Si può constatare, quindi, come evidenziato in dottrina, che alla sfuggente contrapposizione tra “onerosità” e “gratuità”, la normativa IVA, ma più in generale il diritto di matrice eurounitaria, prediligono le meno ambivalenti nozioni di “scambio” e “vantaggio”.

Affinché rilevi la corrispettività dell’operazione di prestazione di servizi o di cessione di beni, per la Corte europea devono ricorrere tre requisiti: un nesso diretto ovvero un legame causale tra le due controprestazioni, la possibilità di poter esprimere in danaro la controprestazione ricevuta, e infine che alla prestazione ricevuta possa essere attribuito un valore soggettivo poiché l’imponibile è il corrispettivo realmente ricevuto, non già un valore stimato secondo criteri obiettivi, quindi oggettivi.

In merito all’interconnessione tra le due controprestazioni, la Corte ha avuto modo di occuparsene in numerosi precedenti, nei quali è stata chiarita, a più riprese, la necessaria presenza di un sinallagma tra la prestazione di servizi e il controvalore ricevuto tale che le due obbligazioni siano intrinsecamente e ontologicamente legate da un nesso di reciprocità.

Così, ad esempio, nel famoso precedente della Corte sul caso Tolsma (causa C-16/93, citata) in cui si verteva dell’imponibilità dell’attività di suonatore ambulante di strada, la Corte escludeva l’esistenza di alcun nesso reciproco tra le due “prestazioni”, sia per l’assenza di un valore soggettivo dato all’offerta di danaro al suonatore da parte del passante (valore indecifrabile e casuale), sia per l’assenza di un nesso diretto di causalità (pago per cui ho diritto ad ascoltare un brano musicale ovvero suono perché mi stanno pagando per farlo).

Riguardo la necessità di esprimere in danaro la prestazione ricevuta, fuori dai casi in cui la medesima viene ricompensata in danaro, interessanti sono le ipotesi in cui la Corte di Giustizia ha ragionato circa la riconducibilità ad IVA di prestazioni “pagate” in natura o con obbligazioni negative di non fare.
Ad esempio nel precedente Goldsmiths (causa C-330/95, citato), si discuteva della possibilità, per detta società, di operare la rettifica della propria dichiarazione IVA con conseguente istanza di rimborso, nell’ipotesi in cui detta società, a fronte della cessione di diamanti nei confronti della società RRI che “pagava” la prima mediante servizi pubblicitari, aveva ricevuto da quest’ultima un “pagamento” parziale dovuto alla messa in liquidazione della cessionaria. I commissioners del Regno Unito contestavano il diritto al rimborso sulla scorta della natura “liquida” della controprestazione. La Corte, in applicazione dell’art. 11 della Sesta Direttiva, correttamente deduceva l’equivalenza del pagamento in natura a quello in danaro a motivo del fatto che la norma non distingue tra corrispettivo in denaro e corrispettivo in natura e che “le due fattispecie appaiono, dal punto di vista economico e commerciale, identiche”, per cui la Sesta Direttiva le riserva un trattamento equivalente.

In altri precedenti di rilievo, la Corte ha analizzato due ipotesi di controprestazioni realizzate mediante obblighi di non fare da parte di un imprenditore agricolo che si impegnava ad abbandonare la propria produzione lattiera (Mohr, causa C-215/94, citato) e la raccolta di patate (Landboden, causa C-384/95, citato) in corresponsione del pagamento di un’indennità pubblica.

In entrambi i precedenti la Corte europea ha concluso per la non imponibilità delle operazioni dal momento che a fronte del corrispettivo versato dallo Stato faceva seguito un’obbligazione non implicante “consumo nell’accezione del sistema comunitario dell’IVA”.

In merito alla rilevanza del valore della prestazione ricevuta, la dottrina sottolinea che non vi può essere un nesso diretto se il corrispettivo pagato dall’utente non dipende da fattori endogeni alla prestazione (ad esempio, numero di ore impiegate e/o grado di difficoltà della pratica), ma da fattori ad essa esogeni, quali sono, per l’appunto, i livelli di reddito e di patrimonio del beneficiario.

In quel precedente, intercorso tra la Commissione europea e la Repubblica di Finlandia, si discuteva dell’assoggettabilità ad IVA dei servizi di assistenza legale forniti dagli uffici pubblici di quello Stato nell’ambito di procedimenti giudiziari dietro pagamento di un compenso parziale, che non copriva l’intero importo degli onorari previsti per legge, parametrato però non già in proporzione alla “qualità” del servizio pubblico reso al cittadino (in termini di ore effettivamente lavorate e di complessità delle questioni), bensì alla capacità reddituale del richiedente, di modo da rendere il compenso sì forfettario ma ancorato a parametri non più soggettivi bensì esterni (esogeni appunto).

La Corte ha avuto modo di occuparsi di ipotesi simili, in cui vi era una sorta di forfetizzazione della prestazione, non puramente esogena come nel precedente sopra richiamato, dai quali è emerso che l’idea di “scambio/vantaggio” (economicità) ai fini impositivi vada verificata e modulata volta per volta.

Il principio di economicità, però, non va decifrato in chiave quantitativa, ovvero in riferimento all’ammontare della controprestazione, bensì qualitativa, verificando se esiste la controprestazione come scambio del bene o del servizio ricevuto.

Tracce di questo assunto le si ritrovano, ad esempio, nella sentenza resa dalla Corte di Giustizia nella causa Lajvér Meliorációs (causa C-263/15, cit.), avente ad oggetto opere di ingegneria rurale, realizzate da società commerciali senza scopo di lucro e finanziate per la gran parte con risorse dello Stato e dell’Unione europea, per le quali le medesime avrebbero percepito un canone di modesta entità per un periodo di otto anni. La Corte ha ritenuto che la percezione di quel canone, benché modesto, avesse il carattere della “stabilità” e per questo fosse attratto nell’alveo delle attività economiche corrispettive dato che “l’attività era esercitata al fine di ricavarne introiti aventi carattere di stabilità”.

Si aggiunga, per inciso, che le conclusioni raggiunte in tema di personale dipendente dalla sentenza in commento valgono analogamente per le ipotesi di “personale” autonomo, come chiarito dalla Corte di Giustizia nella causa C-218/10, citata. In quel caso la Corte, seppur chiamata a dirimere circa un problema di corretta applicazione dell’IVA in termini di territorialità, aveva affermato che, nell’ipotesi in cui un fornitore ingaggiasse dei lavoratori (si trattava di autisti di autobus) e rivendesse/fatturasse il servizio a un soggetto terzo con l’aggiunta di un’ulteriore margine tra l’8% e il 20%, «la nozione di messa a disposizione di personale ricomprenderebbe parimenti la messa a disposizione di personale autonomo, non legato da rapporto di lavoro dipendente con l’impresa prestatrice».

Un’ulteriore precisazione va svolta in merito all’assenza di precedenti, da parte della Corte di Giustizia, sulla tassabilità delle operazioni di distacco di personale tra società aventi sedi in due Stati membri differenti, al fine di chiarire la ricorrenza o meno della corrispettività delle prestazioni in oggetto.

La soluzione offerta dalla Corte UE nella sentenza C-94/19 è coerente con le conclusioni raggiunte dalla stessa nei suoi precedenti in materia ed ha offerto al giudice italiano del rinvio (Cass. sent. n. 529 del 14.1.2021, oltre che ai giudici della Cassazione nelle ordinanze n. 5601, 5609 e 5615 del 2.3.2021 richiamate in epigrafe) una chiave di lettura importante per le operazioni con analoghe caratteristiche, lasciando a questo l’applicazione pratica della regola enunciata.

Quanto al “valore” della sentenza della Corte, resa in sede di rinvio pregiudiziale, si ricorda che questa produce una specifica e vincolante efficacia non solo sulle questioni dedotte per il giudice interno che ha sollevato la questione, ma, nello stesso tempo, anche nei confronti degli altri giudizi la cui decisione dipende dall’interpretazione della norma oggetto di analisi da parte della Corte UE in sede di rinvio pregiudiziale.

Da ultimo si segnala un aspetto non oggetto di discussione nel precedente C-94/19 della CGUE e relativo al diritto di detrazione IVA delle spese sostenute in relazione al personale oggetto di distacco, in relazione al quale la Corte di Giustizia ha avuto modo di occuparsi in alcuni precedenti e di chiarire il diritto di detrazione IVA in relazione alle spese di personale sia proprio sia in distacco/prestito, a prescindere dalla circostanza della “qualità di datore di lavoro”, ovvero che si trattasse di datore effettivo o solo “economico”, purché le spese potessero essere “ricondotte” ad usi non estranei all’impresa.

Avv. Fabio Ciani, Avvocato Tributarista Cassazionista
Avv. Gabriele Damascelli, Avvocato Tributarista Cassazionista, Responsabile sede Bari Scuola Uncat

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La Settimana Fiscale - Il Sole 24 Ore

Dogane

Accertamento doganale, l'origine delle merci

La Settimana Fiscale Il Sole 24 Ore #31 | 2023


Uno dei tre elementi da cui si ricava l'ammontare dell'obbligazione doganale – oltre alla classificazione della merce e il suo valore – è rappresentato dall'origine della merce. La Ue ha stipulato diversi accordi con Paesi terzi per ridurre o esentare i dazi. Per sapere se un prodotto rientra nell'agevolazione occorre conoscere l'origine delle merci. A tal fine, come anche per conoscere l'ordinario trattamento daziario, può essere opportuno ricevere la documentazione rilasciata dalle autorità doganali di esportazione che ne attestano l'origine. L'istituto delle informazioni...

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Dogane

Accertamento doganale, il valore delle merci

La Settimana Fiscale - Il Sole 24 Ore #30 | 2023


Uno dei tre elementi da cui si ricava l'ammontare dell'obbligazione doganale – oltre alla classificazione della merce e alla sua origine – riguarda il valore della merce. Esso rappresenta la base imponibile per la determinazione dei dazi da corrispondere al momento dell'accettazione della dichiarazione doganale, in conseguenza dell'immissione in libera pratica. Qualora sussistano dubbi circa il valore dichiarato, le Dogane possono ricorrere a metodi di determinazione sussidiari.

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Dogane

Accertamento doganale, classificazione delle merci

Settimana Fiscale Sole24ore #29 | 2023


Uno dei tre elementi da cui si ricava l'ammontare dell'obbligazione doganale è la qualità della merce, secondo la classificazione doganale, che tiene conto degli aspetti merceologici. Per evitare le pesanti sanzioni in caso di dichiarazione doganale inesatta, che comporti un mancato versamento dei tributi dovuti allorché la merce varca i confini doganali della Ue, si può ricorrere alle Informazioni Tariffarie Vincolanti (ITV).

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IVA

IVA, riparazione e sostituzione di beni in garanzia

La Settimana Fiscale Il Sole 24 Ore #16 | 2022


Per quanto riguarda il presupposto oggettivo per l'applicazione dell'IVA, rientrano nel perimetro applicativo dell'imposta le prestazioni di servizi rese «verso corrispettivo». Nel caso di riparazioni di beni in garanzia, il corrispettivo della prestazione è già incluso nel prezzo di vendita del bene e, dunque, già assoggettata ad IVA nell'ambito dell'operazione di cessione del bene. Ne deriva che la riparazione rappresenta una prestazione dovuta contrattualmente, alla quale l'Iva è già stata applicata al momento della determinazione del corrispettivo dovuto per la vendita del...

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Dogane

Rappresentanza doganale diretta e indiretta

La Settimana Fiscale Il Sole 24 Ore #48 | 2021


La rappresentanza in Dogana, a seconda che sia diretta (mandato con rappresentanza) o indiretta (mandato senza rappresentanza), presenta diverse conseguenze sotto l'aspetto delle responsabilità. In particolare, in caso di violazioni, il rappresentante diretto potrà essere chiamato a rispondere delle sanzioni ma non anche della fiscalità (dal momento che non è il dichiarante), mentre il rappresentante indiretto potrà essere chiamato a rispondere, eventualmente in via solidale con l'importatore, sia delle sanzioni che della fiscalità.

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IVA

Reverse charge, detrazione anche in caso di errori

La Settimana Fiscale Il Sole 24 Ore #35 | 2021


L'assoggettamento ad IVA attraverso il metodo dell'inversione contabile (cd. reverse charge) comporta a volte delle incertezze operative. Alcuni operatori economici, destinatari degli obblighi di assolvimento dell'imposta, hanno commesso degli errori in buona fede. Ad esempio, hanno effettuato una doppia registrazione nei registri Iva (registro delle fatture emesse e registro delle fatture ricevute) senza integrare la fattura ricevuta dal soggetto Ue o senza emettere l'autofattura per acquisti effettuati presso soggetti extra-Ue. In altri casi hanno omesso completamente l'annotazione dell...

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IVA

Distacco di personale, la Corte UE sull'imponibilità IVA

La Settimana Fiscale Il Sole 24 Ore #20 | 2021


La Corte di Giustizia UE ha affermato che non è conforme al diritto sovranazionale la norma domestica secondo cui non sono ritenuti rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale di una controllante presso la sua controllata, a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo, purché sia verificato che gli importi versati dalla controllata a favore della società controllante, da un lato, e tali prestiti o distacchi, dall'altro, si condizionino reciprocamente. La Cassazione ha recepito tale orientamento, non condiviso da una parte della...

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Redditi di impresa

Web tax dovuta per il 2020, versamento e dichiarazione

La Settimana Fiscale Il Sole 24 Ore #18 | 2021


La Cm 3/E/2021 contiene una serie di chiarimenti relativamente all'applicazione dell'Imposta sui servizi digitali. Particolare attenzione meritano le precisazioni sugli aspetti dell'identificazione dei soggetti coinvolti e degli adempimenti contabili. Inoltre, in quanto imposta indiretta, l'agenzia ritiene che possa essere portata in diminuzione dal reddito complessivo ai fini Ires, nell'esercizio in cui avviene il relativo pagamento, e che sia deducibile dalla base imponibile Irap, se rientrante in una voce che concorre alla determinazione del valore della produzione netta. Si ricorda che...

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IVA

Senza IVA l'indennità per la perdita dell'avviamento

La Settimana Fiscale Il Sole 24 Ore #16 | 2021


Di recente la Corte di Cassazione (sentenza 27 ottobre 2020, n. 23515) ha confermato il proprio consolidato orientamento circa il non assoggettamento ad IVA dell'indennità per la perdita di avviamento commerciale da erogare alla cessazione di taluni contratti di locazione. L'agenzia delle Entrate, invece, ritiene che l'indennizzo sia da assoggettare ad Iva. Ad oggi non c'è ancora una pronuncia da parte della Corte di Giustizia Ue, pertanto occorre farsi guidare dai principi che regolano la materia.

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Riscossione

Web tax, versamento e dichiarazione al via

La Settimana Fiscale Il Sole 24 Ore #9 | 2021


Il mondo si è mosso verso la tassazione dei colossi del digitale. L'Europa si è mossa, a macchia di leopardo. Anche l'Italia, dopo vari tentativi, ha la sua imposta sui servizi digitali (anche detta web tax o digital tax). E ciò in attesa che in Europa, dopo i negoziati in ambito Ocse e G20, si giunga a una soluzione condivisa. La Commissione europea ha lanciato a gennaio 2021 una consultazione pubblica relativa all'introduzione di una web tax al fine di tassare le multinazionali che realizzano profitti nel territorio dell'Unione europea ma che, grazie all'assenza di normative specifiche...

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IVA

Variazioni in diminuzione, inderogabilità del diritto

La Settimana Fiscale Il Sole 24 Ore #5 | 2021


Nella legislazione italiana le variazioni dell'IVA dovuta all'Erario sono regolate dall'articolo 26, Dpr 633/1972. In particolare, il secondo comma dispone che è possibile operare una variazione in diminuzione – della base imponibile e/o dell'imposta - quando un'operazione, per la quale sia stata emessa fattura e sia stata registrata secondo gli articoli 23 e 24, Dpr 633/1972, venga meno o se ne riduca l'ammontare imponibile a causa: della dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili; oppure in conseguenza dell'applicazione di abbuoni o sconti...

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Professionisti

Società professionali, costituzione e reddito prodotto

La Settimana Fiscale Il Sole 24 Ore #38 | 2020


Nel settembre 2020 la Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha pubblicato un interessante documento sulle società tra professionisti ("La disciplina delle società tra professionisti – Aspetti civilistici, fiscali e previdenziali"). Modello che consente, ai soggetti che svolgono attività professionale "protetta", di esercitare la professione nella forma di società commerciale secondo i modelli legali delle società tipiche di cui ai Titoli V e VI del Libro V del Codice civile (società di persone, società di capitali e cooperative).

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Riscossione

Modello F24, come correggere i dati errati

La Settimana Fiscale Il Sole 24 Ore #37 | 2020


Il versamento unificato, introdotto dal Dlgs 241/1997, ha semplificato la gestione dei versamenti e delle compensazioni, introducendo nuove modalità di compilazione delle deleghe di pagamento. I contribuenti, tuttavia, hanno incontrato difficoltà nel predisporre correttamente i modelli di pagamento F24 (articoli 17 e 23, Dlgs 241/1997) per molteplici ragioni, quali ad esempio: - il numero elevato di codici tributo; - la ripartizione in sezioni distinte a secondo dell'ente percettore del tributo; - la possibilità di compensare eventuali crediti con debiti; - la possibilità di rateizzare gli...

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Il Doganalista

Dogane

La daziabilità delle royalties in dogana

Il Doganalista #4 | 2023


Per la Cassazione, ord. 18543/2023, è ribadita la necessità di verificare sia il contratto di licenza sia le clausole contrattuali che possono rivelare l’esistenza di una condizione della vendita incidente sul valore.

Nell’ordinanza n. 18543/2023 della Cassazione i giudici hanno escluso l’esistenza di un mero controllo sulla qualità del prodotto da parte della licenziante extra UE in relazione all’eccepita esclusione delle royalties nel valore in dogana da parte dell’acquirente, sostenendo invece l’incidenza su tale elemento dell’obbligazione doganale dei compensi corrisposti dalla società importatrice alla licenziante, a titolo di royalties, in quanto condizione della vendita, data la “natura gestionale” del controllo della licenziante in grado di incidere sulla gestione della società importatrice e dei produttori terzi, alla luce dell’analisi della documentazione complessiva nonché della corretta interpretazione delle clausole contrattuali tra licenziante e licenziataria.

Dal contratto emergeva, riferisce la Cassazione, tanto l’obbligo dell’acquirente di consegnare alla licenziante un prodotto finito rappresentativo della linea quanto la necessità che questo corrispondesse agli standard della licenziante (pena la rimozione del marchio), oltre alla garanzia in capo a quest’ultima del diritto di ispezionare i prodotti nonché di autorizzare preventivamente l’uso di qualsiasi forma di pubblicità o imballaggio, oltre all’obbligo per i fornitori terzi di rispettare il Codice di condotta imposto dalla licenziante e per la licenziataria di presentare annualmente alla licenziante il business plan della produzione e vendita della merce.

La Cassazione ha valorizzato le argomentazioni esposte dalla Dogana in sede di ricorso, tese ad evidenziare la necessità di analisi delle clausole del contratto di licenza dal quale si poteva evincere, da parte della licenziante, sia il potere di controllo sulla scelta del produttore e sulla sua attività sia la circostanza di essere la destinataria delle suddette royalties da parte dell’acquirente.

In assenza di una definizione in ambito CDU e GATT 1994 relativa ai due elementi delle royalties e dei corrispettivi versati dal compratore, ci si può affidare alla definizione contenuta nell’art. 12 del modello di convenzione fiscale dell’OCSE (ed. 2017), richiamato anche nella Section 3 – Royalties and licence fees, par. 3.2, p. da 1 a 3, del Compendium of Customs Valuation texts della DG TAXUD, ed. 2022 (Commento n. 13 agli artt. 128 e 136 RE).

Tali elementi, però, influiscono sul valore di transazione solo qualora, ai sensi dell’art. 136 RE, i diritti trasferiti siano incorporati nelle merci oggetto di valutazione e costituiscano condizione della vendita, nella misura in cui i primi non siano stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare, in tal modo escludendo qualsiasi automatica attrazione nel campo del valore, come evidenziato, altresì, dal medesimo Compendium (v. Section 3, par. 3.7, p. 8).

La presenza di una condizione della vendita, sovente di difficile individuazione, può essere rintracciata sulla base delle “indicazioni” fornite dall’art. 136, par. 4, lett. a), b) e c), RE, similmente a quanto evidenziato anche dal Compendium (v. Section 3, par. 3.6, p. 2), verificando quindi se il venditore può vendere o se l’acquirente può acquistare la merce senza il pagamento di una royalty o di un corrispettivo.

Qualora il versamento sia dovuto non direttamente al licenziante/venditore bensì ad un venditore terzo (estraneo a tale rapporto di licenza), può risultare più difficile verificare l’eventuale collegamento tra le due distinte operazioni al fine di evidenziare la presenza di una condizione della vendita. Un aiuto è offerto ad esempio dell’elenco, non esaustivo, degli indicatori contenuti nel Commentary 25.1, by the WCO Technical Committee on Customs Valuation, piuttosto che da ultimo nel Compendium della DG TAXUD 2022, il quale però non contiene più il Commento n. 11, richiamato dalla Cassazione in ordinanza e riportante alcuni indicatori che, sebbene non giuridicamente cogenti (v. C-76/19 punto 44), consentivano di dedurre, dalle “circostanze della vendita”, l’esistenza di un controllo tra licenziante e venditore (v. ora il p. 3.7, par. 5 e 6, del Compendium 2022).

Occorre perciò, come anche in parte evidenziato nell’ordinanza n. 18543/2023, verificare attentamente e singolarmente ogni aspetto sia dell’accordo di licenza sia del contratto di vendita al fine di individuare l’eventuale presenza di un controllo, di fatto o di diritto, del licenziante sul venditore o sull’acquirente dal quale possa emergere l’obbligo per quest’ultimo di effettuare tali pagamenti, escludendo di contro ogni automatismo in tal senso (v. Cass. 13384/2019, 17529/2019, 15346/2019, nonché Corte UE in C-76/19, p. 52 e 55, C-173/15, p. 53, nonché da ultimo C-775/19, p. 31, 36, 43-47, che richiama C-116/12, p. 45 e C-173/15, p. 60).



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Il Commercialista Telematico

IVA & Dogane

Resi di merce difettosa: IVA e dogana

Commercialista Telematico | 2023


La restituzione di merce potrebbe avere risvolti ai fini IVA e ai fini dei dazi. Gli operatori economici devono tener conto di entrambi gli aspetti nei casi di resi di merci difettose, con obbligo (eventuale) di sostituzione con beni conformi all’ordine.

 
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Ciani Partners | Press Release

Rassegna Stampa

Questa sezione raccoglie i principali interventi e pareri dell'Avv. Fabio Ciani sui temi di attualità fiscale e tributaria.

Web tax , l'Italia e l'Europa vogliono tassare i servizi digitali.

Ma il meccanismo impositivo è tutt' altro. E così anche il fisco prende tempo.

29 Marzo 2021

Avv. Fabio Ciani- Italia Oggi

Rivalutazione dei beni d'impresa, il marchio aiuta l'azienda.

La misura prevista dal governo nel corso della pandemia riguarda anche gli intangibles.

14 Giugno 2021

Avv. Fabio Ciani - Italia Oggi

L’identità del gruppo endofamiliare non stravolge i principi sul prelievo.

La Ctp Bari interviene sulla tassazione endosocietaria basata sull’autonomia dei periodi di imposta.

17 Novembre 2021

Avv. Fabio Ciani - Italia Oggi

Ciani vince in CTP Bari per il Gruppo Maffione.

Sentenza n. 1721/2021.

18 Novembre 2021

Avv. Fabio Ciani - Legal Community

Wealth management, gli studi cercano scudi per i patrimoni.

L'emergenza sanitaria e la guerra spingono aziende e famiglie a proteggere i loro capitali.

13 Giugno 2022

Avv. Fabio Ciani - Italia Oggi

Influencer, le regole per stare in rete senza sbagliare un colpo.

In assenza di una normativa, molti gli studi legali che affiancano i protagonisti dei social.

11 Luglio 2022

Avv. Fabio Ciani - Italia Oggi

Ciani con Nexia Audirevi per il tax sull'IPO GM Leather SpA.

La società G.M. Leather SPA è stata ammessa alla quotazione, negoziazione azioni ordinarie e warrant.

13 Luglio 2022

Avv. Fabio Ciani - Law Talks

Gli advisor nella quotazione di GM Leather sull'EGM.

Deduzioni e aliquote: cosa cambia.

14 Luglio 2022

Il tributarista Fabio Ciani (nella foto) ha affiancato Nexia Audirevi nell’attività di tax due diligence della quotazione

GM Leather SpA approda su Euronext Growth Milano.

Deduzioni e aliquote: cosa cambia.

29 Luglio 2022

Il tributarista Fabio Ciani (nella foto) ha affiancato Nexia Audirevi nell’attività di tax due diligence della quotazione

Crisi d'impresa,il ruolo dei professionisti è centrale.

L'emergenza sanitaria e la guerra spingono aziende e famiglie a proteggere i loro capitali.

19 Settembre 2022

Avv. Fabio Ciani - Italia Oggi

ArtLaw, regole certe e più tutele per le opere d'arte sul web.

I temi della protezione dei diritti digitali si spostano sul Metaverso con Nft e blockchain.

7 Novembre 2022

Avv. Fabio Ciani - Italia Oggi

Fare rientrare i capitali dall’estero e metterli a disposizione del Paese.

S’inseguono rumors insistenti su una nuova edizione (sarebbe la III) della voluntary disclosure (Vd) ovvero la regolarizzazione dei patrimoni detenuti oltreconfine e mai dichiarati al fisco italiano, inaugurata a più riprese dal Governo Renzi.

9 Ottobre 2022

Avv. Fabio Ciani - L'Edicola Del Sud

Lo scudo fiscale non sarà in manovra ma ci sarà comunque. L'unica via è replicare il modello Renzi.

Il Governo è intenzionato a fare una sanatoria per l'anno prossimo sul rientro dei capitali all'estero.

18 Novembre 2022

Avv. Fabio Ciani - Huffpost

Trust, uno strumento delicato che ha bisogno di esperti.

Oltre 1.300 aziende hanno almeno un trust azionista, nell'80% dei casi socio di controllo.

18 Novembre 2022

Avv. Fabio Ciani - Italia Oggi

Voluntary disclosure, si inaugura un innovativo approccio analitico.

Si fa sempre più verosimile l’ipotesi di una riapertura della voluntary discloure.

21 Novembre 2022

Avv. Fabio Ciani - L'Edicola Del Sud

Imprese, molti i dubbi sull’abrogazione dell’Ace.

La riduzione della pressione fiscale è il prisma della riforma sulla tassazione endosocietaria.

22 Maggio 2023

Avv. Fabio Ciani - L'Edicola Del Sud

Reati fiscali e società occulte Fabio Ciani vince in Cassazione.

Una pronuncia favorevole contro l’Agenzia delle Entrate in tema di reati fiscali, società occulta e conflitto di giurisdizione (ordinanza n. 16144/2023)

19 Giugno 2023

Avv. Fabio Ciani - Legal Community

La Cassazione si eprime contro l'Agenzia delle Entrate su sanzioni IVA e IRAP.

In data 7 giugno 2023, l’avvocato Tributarista Fabio Ciani otteneva dalla Suprema Corte di Cassazione – Sezione Tributaria, una pronuncia favorevole contro l’Agenzia delle Entrate

20 Giugno 2023

Avv. Fabio Ciani - Global Legal Chronicle

Immobili assegnati ai soci, sì alle agevolazioni fiscali: il rinnovo è previsto nella nuova legge di Bilancio.

È stato riproposto con legge di bilancio 2023, il regime agevolato.

16 Ottobre 2023

Avv. Fabio Ciani - L'Edicola Del Sud

Fabio Ciani fonda Ciani Partners

È stata inaugurata a Milano la boutique indipendente di diritto tributario Ciani Partners.

28 Novembre 2023

Avv. Fabio Ciani - Legal Community

Nasce Ciani Partners, la nuova boutique indipendente del diritto tributario

È stata inaugurata a Milano la boutique indipendente di diritto tributario Ciani Partners.

28 Novembre 2023

Avv. Fabio Ciani - NT+ Diritto | Il Sole 24 Ore

Nasce Ciani Partners

La Cassazione si esprime: l’applicazione di giudicato esterno da parte di ADE.

06 Dicembre 2023

Avv. Fabio Ciani - Global Legal Chronicle

Il giudicato esterno è rilevabile d'ufficio

Nel giudizio di cassazione, l'esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d'ufficio.

06 Dicembre 2023

Avv. Fabio Ciani - ItaliaOggi Diritto & Fisco

Il giudicato esterno è rilevabile d'ufficio

Nel giudizio di cassazione, l'esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d'ufficio.

09 Dicembre 2023

Avv. Fabio Ciani - ItaliaOggi Diritto & Fisco

Fabio Ciani per la nascita del Gruppo Carelli

L’avv. tributarista Fabio Ciani ha assistito la pugliese Carelli Distribuzione nella riorganizzazione societaria e conseguente configurazione della c.d. “verticale di gruppo”

17 Gennaio 2024

Avv. Fabio Ciani - NT+ Diritto | Il Sole 24 Ore

Influencer e beneficenza in arrivo la legge ad hoc

Le comunicazioni ingannevoli: Dopo l'Ok del Consiglio dei Ministri al DDL c'è la discussione in Parlamento.

25 Gennaio 2025

Avv. Giorgio Damascelli - Avv. Domenico Naio - L'Edicola Del Sud

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